Il momento dello svolgimento dei compiti a casa dovrebbe essere una piacevole occasione in cui i genitori e il figlio consolidano conoscenze e condividono del tempo; spesso, invece, si trasforma in un’escalation di tensioni e conflitti, che possono mettere a dura prova i genitori, nel momento in cui il figlio si rifiuta di fare i compiti.
Quando si ha un bambino che, al solo pensiero di fare i compiti, va in crisi mettendo in atto gli atteggiamenti più disparati quali fare capricci di ogni genere, lamentarsi continuamente, rifiutarsi di impegnarsi, temporeggiare… genera nei genitori sentimenti di rabbia e frustrazione.
Tali comportamenti vengono interpretati come una vera e propria provocazione; il genitore si sente preso in giro o, al contrario, scoraggiato per averle provate tutte con il proprio figlio e di non essere in grado di aiutarlo.
La reazione di molti genitori, nei confronti dei figli poco collaborativi, è quella di punire, sgridare, ricattare, accusare di scarso impegno fino ad attribuirgli “etichette” negative.
Queste reazioni sono comprensibili ma controproducenti perché il bambino, probabilmente, sta manifestando un disagio e sta mettendo in atto dei meccanismi di difesa che, con tali comportamenti, non facciamo altro che alimentare.
COSA NON DIRE
- “Se non studi non avrai mai un buon lavoro nella vita”: il bambino sarà portato a temere che ciò accadrà presto e la sua reazione spontanea potrebbe proprio essere quella di non studiare più, di allontanarsi dalla scuola perché quello che gli accadrà presto gli fa paura.
- “Se prendi un bel voto ti compro un regalo”: questo tipo di ricompensa non aiuta a “sviluppare” la motivazione personale ma solo a raggiungere l’obiettivo “regalo”.
- “Non capisci niente!” “Non sei fatto per la matematica”: sono espressioni che possono essere in grado di demolire la motivazione allo studio ma anche l’autostima.
Nel tempo il bambino si farà l’idea di essere davvero un incapace.
Quando un bambino è umiliato a causa della scuola arriverà presto ad odiarla!
Attenzione: esagerare con i complimenti o con i giudizi troppo celebrativi non porta comunque buoni frutti; si rischia di vedere l’effetto boomerang nell’ansia del bambino che non vorrebbe mai deludere i genitori.
COME INCENTIVARLI
Valorizzare l’importanza della scuola: fare capire ai figli come l’istruzione possa rendere le persone migliori.
I genitori devono essere motivanti e di sostegno: cercare di dare fiducia.
Se il genitore è in grado, può aiutare direttamente il figlio, altrimenti si può ricorrere ad un aiuto
esterno (anche i più scansafatiche muoveranno qualche passetto in più).
Non fare paragoni: i paragoni sono quasi sempre percepiti in maniera negativa e tendono a fare solo danno.
I genitori non devono paragonare i figli a loro stessi con frasi del tipo: ”Io alla tua età…” né paragonarli ai fratelli o ai compagni.
Il confronto può essere positivo solo se desiderato e fatto per migliorarsi, altrimenti danneggia l’autostima.
Promuovere la tenacia e permettere lo sbaglio: non puntualizzare e non correggere in ogni occasione il bambino ma incentivarlo a non arrendersi.
Utilizzare frasi del tipo “bravo!” “prova ancora!”.
Comunicare: cercare di capire il motivo della difficoltà che il bambino ha con i compiti.
Parlare con gli insegnanti per avere informazioni sulle modalità di apprendimento del figlio, sui rapporti con i compagni e con gli educatori.
L’ATTEGGIAMENTO OPPOSITIVO PUO’ NASCONDERE UNA REALE DIFFICOLTÀ?
“ Non faccio perché ho paura di sbagliare, di non essere bravo abbastanza…”
Il rifiuto a fare, quasi sempre, è collegato all’immagine che il bambino ha di se stesso ed alla sua percezione di quanto si senta capace.
Se tuo figlio si è trovato più volte a non riuscire subito nei compiti, esperienza assolutamente normale in quanto si va a scuola per imparare cose nuove, può essere che abbia accusato il colpo e che magari abbia cominciato a credere di non essere abbastanza bravo.
Spesso, può accadere che dietro a questo atteggiamento ci siano delle oggettive difficoltà di apprendimento (dislessia, disgrafia, discalculia) che, se non individuate, possono rappresentare un ostacolo alla normale evoluzione del bambino, non solo a livello scolastico ma anche sul piano emotivo e relazionale.
E’ importante dunque capire che cosa si “nasconde” dietro ad atteggiamenti oppositivi: la spiegazione deve essere cercata nell’ambito cognitivo, emotivo o relazionale.
Se avete dubbi rivolgetevi ad uno specialista che vi aiuti a capire le difficoltà che il vostro bambino sta incontrando e vi guidi a trovare delle strategie didattico-educative adeguate per affrontarle.
Dott. Emanuela Scalchi